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sabato 27 aprile 2013

L'insostenibile pesantezza dell'approfondimento






L'azienda ama avere al suo interno un ambiente in perenne fibrillazione, ama che il personale di ogni livello salti nervosamente da un'attività all'altra, magari senza riuscire a concluderne nessuna. Sicuramente un simile ambiente non e' quello che sembrebbe piu' adatto al lavoro intellettuale, ma solo così i vari responsabili ad ogni livello, hanno la sensazione di completa saturazione delle risorse all'interno delle loro strutture e riescono a calmare la loro perenne ansia di controllo
Una naturale conseguenza in un simile contesto e' che diventa di capitale importanza mantenere su qualsiasi argomento un approccio assolutamente generalista e quindi l'imperativo categorico che viene nervosamente trasmesso lungo la catena gerarchica e' quello di evitare accuratamente di andare a fondo nelle cose.

Nell'Università, nella Sanita', nelle professioni tecniche, in quelle giuridiche, nell'insegnamento insomma in qualsiasi altro ambiente di lavoro approfondire argomenti inerenti la propria attivita', immergersi nei dati, cercare riferimenti, studiare la letteratura di settore e' non solo ben visto, ma e' incoraggiato perche' di solito e' indispensabile per svolgere il proprio lavoro. In azienda invece serpeggia il terrore costante di non avere tempo per andare a fondo delle cose, che invece devono essere svolte in velocita' e con la massima superficialita' possibile: in questo ambiente chi approfondisce, invece di essere stimato, viene accusato di stare rallentando i tempi e di rischiare di mancare qualche scadenza, di solito autoimposta e autoinventata.
Poco importa che spesso così facendo la qualità del lavoro ne guadagna e che in realtà di occasioni di rallentamento ce ne sono miriadi e di solito create internamente da stati di falsa urgenza che si propagano come onde all'interno della struttura.

Eventuali approfondimenti che fossero indispensabili vengono tollerati solo in alcune isole franche, come i reparti informatici o quelli di progettazione elettronica, che comunque sono percepiti come mali necessari e in ogni caso lontani dal cuore dell'attività dell'azienda metalmeccanica classica. Se, a volte, l'azienda e' costretta suo malgrado a riconoscere l'indispensabilita' di un approfondimento, o, Dio ci perdoni, l'utilità di uno specialista per qualche insormontabile problema, allora preferisce delocalizzare all'esterno questa attività: solo in questo modo riesce a calmare l'angoscia di dover pagare qualcuno che impiega parte del suo tempo a studiare invece che girare come una trottola impazzita. Così infatti si illude di pagare solo la parte che le interessa e poco importa se di solito i costi sono doppi o tripli della stessa attività svolta da interno

E' chiaro che un ambiente lavorativo che segua queste regole, diventa ben presto caratterizzato da una poverta' intellettuale assolutamente sconfortante, ma sembra che in azienda nessuno dei quadri direttivi si preoccupi di cio'. E' addirittura evidente che nessuno nemmeno si accorge di questo stato di cose mentre al contrario viene enormemente apprezzato dalla gerarchia aziendale l'enorme beneficio di non dover assistere allo spettacolo evidentemente indecoroso e assolutamente insopportabile di un dipendente che trascorre ore intento ad approfondire un problema.
E per di piu' tutto ciò in orario di lavoro!


2 commenti:

  1. Alla superficialita' aggiungiamo anche le deadlines. Danno una settimana di tempo per scrivere una relazione di 150 pagine (quando poi gliene servono solo 20) e poi magari il report che uno scrive finisce su una scrivania di un direttore e non viene letto per tre mesi. Anche tramite deadline inutile e sbagliate riescono ad incrementare il loro controllo sui dipendenti.

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  2. Si, hai ragione: le "deadlines", ma io preferisco chiamarle scadenze, sono un altro degli aspetti assurdi della vita in azienda.
    Di fatto l'azienda ha un'esigenza incontrollabile a mettere scadenze per ogni attività, anche quelle che non ne avrebbero bisogno o per le quali è difficile definirle. Senza la "deadlines" il quadro direttivo si sente spaesato e allora le spara a casaccio. Sono scadenze autoimposte, di solito molto strette, perchè altrimenti il lavoro non sarebbe "sfidante" o semplicemente si rischierebbe di fare il lavoro con calma e precisione.
    La maggior parte delle volte (7/8 su 10 direi) queste scadenze non hanno nessun risocntro reale e di solito i lavori consegnati per soddisfare queste scadenze rimangono magari poi ignorati per settimane o mesi e questo magari ha fatto slittare altre attività prioritarie o ha distolto risorse e tempo.
    Ma credo che questo argomento meriti un post dedicato...

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