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giovedì 24 marzo 2016

La fine di qualcosa





Questo blog da diversi mesi ha rallentato le sue pubblicazioni: il motivo di questo è che ho attraversato negli ultimi due anni molti cambiamenti della mia vita lavorativa e privata.

Prima un cambio di lavoro, passando però questa volta a un'azienda semipubblica e di servizi, che aveva finalmente dinamiche un pò diverse da quelle a cui ero abituato, e anche se certo non era un "mondo perfetto" perlomeno erano meno presenti i comportamenti nevrastenici e gli atteggiamenti preconfezionati che ho descritto spesso in questo blog.
Poi, per una serie di circostanze sfavorevoli, il rapporto con quest'ultima società si è interrotto e quindi mi sono trovato costretto ad intraprendere un'attività professionale indipendente, anche se in collaborazione con varie realtà. Di fatto perciò ho pian piano lasciato quell'ambiente in cui avevo vissuto per tutta la mia vita lavorativa e la cui insofferenza mi aveva spinto a scrivere questo blog.

Di certo ora non è semplice, anche a causa delle difficoltà economiche attuali e a quella chiusura che hanno spesso le agenzie di selezione e le aziende stesse, che ho più volte descritto. Tuttavia la mia insofferenza verso l'ambiente e molti atteggiamenti aziendali era ormai arrivata al limite e questo blog era stato proprio un tentativo di sfogo per riuscire a sopportare questo disagio, marcandone le distanze e aumentando la mia consapevolezza di ciò che non sopportavo. Fare tutto questo alla presenza di un pubblico potenziale ha reso più facile questo processo.

Ora perciò gli argomenti di questo blog sono un po in esaurimento, in parte perchè i principali sono stati trattati, in parte perchè è venuta meno la descrizione degli episodi della vita quotidiana in azienda.
Rimarrebbe a questo punto da raccontare la vita lavorativa al di fuori dell'azienda, ma è ancora da vedere se questo sarà un argomento da trattare in questo blog o il tema di un altro.
Intanto però mi sembra che valeva la pena dedicare un post a quella che potrebbe essere la conclusione di un'attività che mi ha tenuto impegnato e che è stata anche una sorta di liberazione.



venerdì 4 marzo 2016

Telelavoro: fosse che fosse la volta buona?



Forse qualcosa si muove?
Speriamo, ma il Dipendente Riluttante su questo tema è come San Tommaso.......finchè non vede non crede....

giovedì 8 ottobre 2015

Poliglotti per caso.....




Torno dopo qualche mese con una storia di qualche anno fa, ma sempre molto esemplificativa dell’atteggiamento “aziendalista” e cioè sempre “ottimista per forza” e soprattutto completamente slegato dalla realtà.

Il Dipendente Riluttante si è da poco trasferito in una nuova azienda, nello stesso settore e con lo stesso ruolo che ricopriva nella precedente, Product Manager.
In questa nuova azienda questo ruolo è stato appena introdotto, anche se è oramai presente da decenni in tutte le aziende che vendono prodotti finiti di serie sul mercato, ma invece che riferirsi alla letteratura specifica o addirittura ai libri di testo di organizzazione aziendale (non sia mai che occorra leggere e documentarsi, sono tutti troppo impegnati) sono cominciate una serie infinita di riunioni e di compilazione di creativi documenti con il nobile intento di definire mansioni e responsabilità di questa bizzarra figura.

Il Dipendente Riluttante è nuovo in azienda e ancora ha un minimo di entusiasmo e cerca di portare il suo contributo, dato che di fatto ha ricoperto tale ruolo per anni in un’azienda concorrente fra i leader di mercato. Tuttavia in una di queste riunioni viene toccato l’argomento che i Product Manager devono espletare le loro funzioni di conoscenza del mercato, e delle sue evoluzioni in termini di ricaduta sulle specifiche delle linee di prodotto, non solo in Italia, ma anche nei mercati di esportazione principali dell’azienda.
Pensando di poter dare un contributo su questo tema il Dipendente Riluttante prende la parola e riepilogando anche l’esperienza nella precedente azienda, sostiene che anche se anche lì il PM era nominalmente in carica anche per l’export, di fatto la sua posizione non era simmetrica rispetto a quello che faceva per l’Italia in quanto in Italia i PM ci vivevano e quindi raccoglievano informazioni da moltissime fonti: giornali, conoscenza diretta del territorio, siti di opinioni, e anche chiacchiere con operatori. Questo non poteva essere fatto con l’export per cui il PM doveva per forza appoggiarsi maggiormente su figure che andavano nei paesi interessati, i Capo Area, o anche sui responsabili di filiale quando presenti.

Il responsabile intermedio però non è d’accordo e gli ribatte che può tranquillamente raccogliere le stesse informazioni su un qualsiasi paese estero perché ormai c’è internet. A quel punto il Dipendente Riluttante risponde che qualche informazione si può anche prendere, ma ad esempio se ci si deve riferire alla Repubblica Ceca occorrerebbe poter frequentare i siti in lingua ceca, cosa ovviamente impossibile.
Il Responsabile Intermedio è in evidente difficoltà a sostenere una posizione assurda, però non può ammettere una difficoltà oggettiva che farebbe modificare la brillante dichiarazione d’intenti che ha redatto con l’ottimismo di ordinanza degno dell’Istituto Luce e così ribatte in maniera assolutamente sconcertante.

-          Non è vero che c’è bisogno di conoscere il ceco, per leggere i siti della Repubblica Ceca: basta usare Google Translator e il gioco è fatto!


Il Dipendente Riluttante a quel punto comincia a capire in che assurda situazione si sia ficcato…..

venerdì 26 giugno 2015

Scuola e azienda, un paragone impossibile




Mentre il nostro Parlamento procede allegramente nella votazione della riforma della scuola, girano in rete interventi molto interessanti su come questa riforma rischia di proseguire sempre di più nell'assimilazione dell'istituzione della Scuola all'azienda. 
Inutile dire, visto il tema di questo blog, che questa ipotesi mi fa rabbrividire, sia perchè ritengo che l'azienda sia il peggior modello a cui ispirarsi per organizzare altre realtà, ma anche e soprattutto perchè ritengo che ci sono istituzioni che devono essere altro rispetto all'azienda perchè i loro obiettivi e i loro scopi ultimi devono essere completamente diversi da quelli di un'azienda.

Riporto alcuni di questi interventi che mi sembrano particolarmente centrati: il primo è questo, di cui qua sotto riporto un estratto.
Mentre le fabbriche chiudono, licenziano o spostano i loro capitali all’estero, dove minore è il costo del lavoro e più alto il profitto, e la produzione capitalistica va incontro al suo limite prevedibile e improrogabile, quale è la disponibilità di “risorse naturali” – non ultima quella rappresentata dalla responsabilità di cura e lavoro domestico delle donne -, la logica aziendale sembra godere di una stima altissima, tanto da uniformare a sé i due luoghi principali della cultura: la scuola e l’editoria.
Il secondo è questo , con un estratto quì di seguito
Una certa abitudine dei nostalgici del Sessantotto ha portato a indicare il mutamento degradante indotto dalla riforma dell’autonomia con il termine scuola-azienda. Ma questa indicazione non coglie il fatto saliente. L’accostamento all’azienda non sarebbe di per sé degradante per la scuola; infatti un’azienda non è necessariamente un lager, ma un luogo in cui le persone lavorano, e la condizione dell’alunno ha alcune corrispondenze con la condizione del lavoratore: come il lavoratore l’alunno non decide cosa fare, si affatica, ha un compenso. Il fatto saliente è invece che con l’autonomia le scuole (ma anche le università) si mettono in concorrenza tra di loro per attrarre il maggior numero di alunni; se ne deduce che nella scuola-azienda il ruolo degli alunni è quello di clienti, non quello di lavoratori.

mercoledì 20 maggio 2015

Talent Scout? Non abitano nelle agenzie di selezione.



Ho trovato su Linkedin questo intervento in una discussione sulle agenzie di selezione e lo riporto perchè conferma quello che io già avevo scritto.

Penso che il sistema di selezione faccia acqua , per il semplice fatto che manca di creatività e la scelta di persone qualificata oramai viene fatta sempre più a profilo della azienda. Il personale passa cioè da un posto ad un altro ma nello stesso settore per ruoli molto simili.
Mi spiego meglio ; chi è nel settore cosmetico passa dalla Wella alla L'Oreal e dalla l' Oreal alla Revlon , e viceversa in questo modo si porta solamente una esperienza di azienda ma non differenti idee e nuove esperienze , cioè il DNA è lo stesso quindi le poche linee strutturali sono le stesse, in questo modo si porta ad avere solo yes man, perchè non viene richiesta creatività, ma solo il proseguimento delle linee guida, "come dire non serve vedere altri confini , ma restiamo nel nostro". Questo a tutto favore di multinazionali sempre più monopolistiche, che si espandono in quote di mercato senza competere in creatività!!! Però Nokia insegna che con una quota del 70% del mercato ha cercato il management dai suoi concorrenti (Sony a Motorola), senza guardare oltre, come se bastasse prelevare profili dal settore di origine, Poi sono arrivati "degli sconosciuti" la banda di internet & Co...con idee differenti e altre realtà che hanno dimostrato che si vincono le battaglie con la moltitudine di idee dare il telefono Smartphone come mezzo hai loro servizi e non fine a se stesso. Adesso domando ma la Nokia o la Motorola che fine hanno fatto ?
La prossima volta prendete le idee con tutto il suo bagaglio, invece di profili da riporto. Caro ricercatore di risorse umane , non sarai mai un talent scout se non rischi con profili ed idee nuove, ma sarai un mediocre yes man!!