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giovedì 8 ottobre 2015

Poliglotti per caso.....




Torno dopo qualche mese con una storia di qualche anno fa, ma sempre molto esemplificativa dell’atteggiamento “aziendalista” e cioè sempre “ottimista per forza” e soprattutto completamente slegato dalla realtà.

Il Dipendente Riluttante si è da poco trasferito in una nuova azienda, nello stesso settore e con lo stesso ruolo che ricopriva nella precedente, Product Manager.
In questa nuova azienda questo ruolo è stato appena introdotto, anche se è oramai presente da decenni in tutte le aziende che vendono prodotti finiti di serie sul mercato, ma invece che riferirsi alla letteratura specifica o addirittura ai libri di testo di organizzazione aziendale (non sia mai che occorra leggere e documentarsi, sono tutti troppo impegnati) sono cominciate una serie infinita di riunioni e di compilazione di creativi documenti con il nobile intento di definire mansioni e responsabilità di questa bizzarra figura.

Il Dipendente Riluttante è nuovo in azienda e ancora ha un minimo di entusiasmo e cerca di portare il suo contributo, dato che di fatto ha ricoperto tale ruolo per anni in un’azienda concorrente fra i leader di mercato. Tuttavia in una di queste riunioni viene toccato l’argomento che i Product Manager devono espletare le loro funzioni di conoscenza del mercato, e delle sue evoluzioni in termini di ricaduta sulle specifiche delle linee di prodotto, non solo in Italia, ma anche nei mercati di esportazione principali dell’azienda.
Pensando di poter dare un contributo su questo tema il Dipendente Riluttante prende la parola e riepilogando anche l’esperienza nella precedente azienda, sostiene che anche se anche lì il PM era nominalmente in carica anche per l’export, di fatto la sua posizione non era simmetrica rispetto a quello che faceva per l’Italia in quanto in Italia i PM ci vivevano e quindi raccoglievano informazioni da moltissime fonti: giornali, conoscenza diretta del territorio, siti di opinioni, e anche chiacchiere con operatori. Questo non poteva essere fatto con l’export per cui il PM doveva per forza appoggiarsi maggiormente su figure che andavano nei paesi interessati, i Capo Area, o anche sui responsabili di filiale quando presenti.

Il responsabile intermedio però non è d’accordo e gli ribatte che può tranquillamente raccogliere le stesse informazioni su un qualsiasi paese estero perché ormai c’è internet. A quel punto il Dipendente Riluttante risponde che qualche informazione si può anche prendere, ma ad esempio se ci si deve riferire alla Repubblica Ceca occorrerebbe poter frequentare i siti in lingua ceca, cosa ovviamente impossibile.
Il Responsabile Intermedio è in evidente difficoltà a sostenere una posizione assurda, però non può ammettere una difficoltà oggettiva che farebbe modificare la brillante dichiarazione d’intenti che ha redatto con l’ottimismo di ordinanza degno dell’Istituto Luce e così ribatte in maniera assolutamente sconcertante.

-          Non è vero che c’è bisogno di conoscere il ceco, per leggere i siti della Repubblica Ceca: basta usare Google Translator e il gioco è fatto!


Il Dipendente Riluttante a quel punto comincia a capire in che assurda situazione si sia ficcato…..

venerdì 26 giugno 2015

Scuola e azienda, un paragone impossibile




Mentre il nostro Parlamento procede allegramente nella votazione della riforma della scuola, girano in rete interventi molto interessanti su come questa riforma rischia di proseguire sempre di più nell'assimilazione dell'istituzione della Scuola all'azienda. 
Inutile dire, visto il tema di questo blog, che questa ipotesi mi fa rabbrividire, sia perchè ritengo che l'azienda sia il peggior modello a cui ispirarsi per organizzare altre realtà, ma anche e soprattutto perchè ritengo che ci sono istituzioni che devono essere altro rispetto all'azienda perchè i loro obiettivi e i loro scopi ultimi devono essere completamente diversi da quelli di un'azienda.

Riporto alcuni di questi interventi che mi sembrano particolarmente centrati: il primo è questo, di cui qua sotto riporto un estratto.
Mentre le fabbriche chiudono, licenziano o spostano i loro capitali all’estero, dove minore è il costo del lavoro e più alto il profitto, e la produzione capitalistica va incontro al suo limite prevedibile e improrogabile, quale è la disponibilità di “risorse naturali” – non ultima quella rappresentata dalla responsabilità di cura e lavoro domestico delle donne -, la logica aziendale sembra godere di una stima altissima, tanto da uniformare a sé i due luoghi principali della cultura: la scuola e l’editoria.
Il secondo è questo , con un estratto quì di seguito
Una certa abitudine dei nostalgici del Sessantotto ha portato a indicare il mutamento degradante indotto dalla riforma dell’autonomia con il termine scuola-azienda. Ma questa indicazione non coglie il fatto saliente. L’accostamento all’azienda non sarebbe di per sé degradante per la scuola; infatti un’azienda non è necessariamente un lager, ma un luogo in cui le persone lavorano, e la condizione dell’alunno ha alcune corrispondenze con la condizione del lavoratore: come il lavoratore l’alunno non decide cosa fare, si affatica, ha un compenso. Il fatto saliente è invece che con l’autonomia le scuole (ma anche le università) si mettono in concorrenza tra di loro per attrarre il maggior numero di alunni; se ne deduce che nella scuola-azienda il ruolo degli alunni è quello di clienti, non quello di lavoratori.

mercoledì 20 maggio 2015

Talent Scout? Non abitano nelle agenzie di selezione.



Ho trovato su Linkedin questo intervento in una discussione sulle agenzie di selezione e lo riporto perchè conferma quello che io già avevo scritto.

Penso che il sistema di selezione faccia acqua , per il semplice fatto che manca di creatività e la scelta di persone qualificata oramai viene fatta sempre più a profilo della azienda. Il personale passa cioè da un posto ad un altro ma nello stesso settore per ruoli molto simili.
Mi spiego meglio ; chi è nel settore cosmetico passa dalla Wella alla L'Oreal e dalla l' Oreal alla Revlon , e viceversa in questo modo si porta solamente una esperienza di azienda ma non differenti idee e nuove esperienze , cioè il DNA è lo stesso quindi le poche linee strutturali sono le stesse, in questo modo si porta ad avere solo yes man, perchè non viene richiesta creatività, ma solo il proseguimento delle linee guida, "come dire non serve vedere altri confini , ma restiamo nel nostro". Questo a tutto favore di multinazionali sempre più monopolistiche, che si espandono in quote di mercato senza competere in creatività!!! Però Nokia insegna che con una quota del 70% del mercato ha cercato il management dai suoi concorrenti (Sony a Motorola), senza guardare oltre, come se bastasse prelevare profili dal settore di origine, Poi sono arrivati "degli sconosciuti" la banda di internet & Co...con idee differenti e altre realtà che hanno dimostrato che si vincono le battaglie con la moltitudine di idee dare il telefono Smartphone come mezzo hai loro servizi e non fine a se stesso. Adesso domando ma la Nokia o la Motorola che fine hanno fatto ?
La prossima volta prendete le idee con tutto il suo bagaglio, invece di profili da riporto. Caro ricercatore di risorse umane , non sarai mai un talent scout se non rischi con profili ed idee nuove, ma sarai un mediocre yes man!! 

martedì 19 maggio 2015

La ricetta di Google



Ne abbiamo spesso parlato in questo blog: sarebbe meglio per tutti avere orari meno rigidi possibile e avere la possibilità di lavorare meno.
Ora sembra che anche qualche azienda all'avanguardia cominci ad accorgersene: forse prima o poi lo faranno anche le aziende normali?

martedì 5 maggio 2015

Buona scuola?



Ho ricevuto questa mail che spiega lo sciopero di oggi degli insegnanti e la pubblico quì perchè condivido i motivi della protesta.

Cari studenti e cari genitori,
vorremmo provare a spiegarvi i motivi che ci hanno fatto scegliere di scioperare il 5 maggio 2015.
Possiamo immaginare che una giornata in cui la scuola è chiusa possa causarvi un disagio ma ci piacerebbe vi fosse chiaro che non siete voi la nostra controparte e non intendiamo mettervi in difficoltà.
Al contrario, vorremmo farvi capire le nostre ragioni e ricordarvi che lo sciopero, oltre che una forma di protesta, è anche un sacrificio per chi vi aderisce.
Infatti quando si protesta non andando al lavoro si perde lo stipendio di quella giornata; quindi chi decide di scioperare è come se pagasse direttamente per manifestare il proprio disaccordo.
Sui volantini dei sindacati potrete trovare i motivi dello sciopero e noi protestiamo per quei motivi ma anche perché crediamo che le proposte del Governo, in discussione in questi giorni, siano contrarie a quelle necessarie a creare davvero una “buona scuola”.

Infatti, se verranno approvate le proposte presentate, il senso della scuola pubblica (così come previsto dalla nostra legge più importante che è la Costituzione della Repubblica Italiana) verrebbe completamente alterato.
In questa lettera non vi parleremo di come potrebbe cambiare il nostro lavoro, ma di come potrebbe cambiare la scuola per le famiglie e per gli alunni.
Vi sarete accorti che, da qualche anno, chi parla di scuola lo fa come se parlasse di un negozio, di un’azienda, di una fabbrica. Ci sono le “offerte” formative, si cerca di “risparmiare” razionalizzando, i responsabili sono i “dirigenti” e non più i presidi, le scuole si fanno “pubblicità” sui giornali, i “profitti” degli alunni sono valutati con i test; perfino il termine “competenza” è spesso avvicinato al significato della “competizione”, cioè di una gara, e non interpretato nel suo senso originario che è “andare insieme” o ancor meglio “arrivare ad uno stesso punto”.
È molto importante fare attenzione alle parole che si usano e che vengono usate, e sarebbe davvero bello se ognuno “assomigliasse alle parole che dice “(1).
La scuola non è un supermercato o un’azienda dove ognuno può essere illuso dalla pubblicità e poi comprare ciò che desidera; “la scuola è un organo costituzionale “(2) che ha il compito di istruire facendo acquisire conoscenze e competenze, di far crescere e formare cittadini valorizzando la loro persona nel rispetto delle differenze e delle identità di ciascuno e di ciascuna (3).
La nostra Repubblica ha il compito di “dettare le norme generali sull’istruzione ed istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi.”(4)
Questi compiti assegnati alla scuola pubblica sono costosi, sia nel senso economico che dell’impegno ma, come recitava uno slogan di qualche anno fa, l’ignoranza costa molto di più.
I costi per mantenere la scuola sono pagati dalle tasse che ciascuno dei cittadini italiani paga (o dovrebbe pagare).
Quando si legge su piano della “Buona Scuola” che “Le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola” vuol dire che non ci saranno maggiori investimenti pubblici (infatti c’è scritto che “i limiti saranno quelli delle risorse disponibili ”) ma che si chiederanno soldi ai privati cittadini.
In definitiva le famiglie, che già contribuiscono in maniera importante, pagheranno molto di più anche perché sul piano della cosiddetta “Buona Scuola” sono previsti: l’entrata di “sponsor” che condizioneranno i programmi ed i piani dell’offerta formativa, il finanziamento delle scuole private ed il versamento di parte del proprio contributo fiscale per finanziare i progetti scolastici.

In televisione è stato detto che sarebbero stati assunti molti insegnanti precari che avrebbero risolto il problema dei supplenti; poi però, quando è stato il momento giusto per assumerli, il Governo non lo ha fatto e, per farlo in misura inferiore a quella necessaria, ha preteso in cambio una delega su 13 fondamentali aspetti della scuola. In pratica è come se qualcuno dicesse: “Assumerò una parte degli insegnanti solo se poi posso decidere da solo come trasformare la scuola”.
In televisione è stato detto che è ridicolo che qualcuno protesti contro un governo che assume gli insegnanti precari ma non si è detto che, in realtà, il nostro Paese è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea ad assumerli perché erano già stati impiegati per il periodo giusto a maturare il loro diritto di lavorare stabilmente.
In televisione non si dice che l’integrazione degli alunni con disabilità sta per assumere un carattere sempre più sanitario e meno scolastico; in tal modo il personale di sostegno sarà sempre di meno, i centri specializzati sempre di più e si realizzerà quel processo di separazione fra alunni cosiddetti normali ed altri cosiddetti con Bisogni Educativi Speciali che non aiuterà a migliorare la scuola dell’inclusione.
È facile prevedere cosa accadrà nel giro di pochi anni: si moltiplicheranno le scuole private per chi potrà permettersele, si creeranno le scuole pubbliche di lusso nei quartieri bene delle città e si moltiplicheranno le scuole pubbliche senza risorse e senza speranza nei quartieri popolari e nelle periferie povere. Scuole di serie A e scuole di serie B, scuole per ricchi e scuole per poveri. Un salto indietro di decenni. Cresceranno le disuguaglianze in modo drammatico, di nuovo accadrà che i figli dei dottori faranno i dottori mentre i figli degli operai faranno gli operai.
Non è una “buona scuola” quella nella quale si creeranno sempre più momenti di separazione, di competizione, di conflittualità; non lo è quella dove un dirigente da solo, sulla base di criteri arbitrari, deciderà di distribuire gli insegnanti come e dove gli pare; non lo è quella dove le decisioni verranno condizionate dalle aziende; non lo è nemmeno quella dove le “buone scuole” saranno finanziate solo se le stesse otterranno un buon risultato nei test; non lo è infine quella dove il contributo dei genitori è più alto dei contributi statali.
È contro questo simile progetto di scuola che manifesteremo il nostro dissenso.
Noi pensiamo che una buona scuola sia quella dove ci sono edifici sicuri, dove le classi siano composte da un massimo di 22 alunni, dove si impara insieme sentendosi attivamente parte di una comunità, dove si lavora in modo cooperativo, dove si sperimentano concretamente forme di democrazia.
Nel bellissimo film “Gli anni in tasca” di Francois Truffaut il maestro Richet parla ai suoi alunni, prima delle vacanze, dicendo loro: “Il mondo non è giusto e forse non lo sarà mai, ma è necessario lottare perché ci sia giustizia, bisogna, bisogna farlo: le cose cambiano, ma lentamente; le cose migliorano, ma lentamente…. E i cambiamenti si ottengono solo reclamandoli energicamente…”
Crediamo in queste parole come crediamo in un’altra scuola e quindi in un’altra società: solidale, inclusiva, pacifica.
Non investire sulla scuola è grave per il futuro dei vostri e dei nostri figli.
I veri problemi della scuola andrebbero affrontati seriamente garantendo partecipazione, dialogo, confronto, ascolto, rispetto delle persone, delle loro capacità, abilità e competenze.
Siamo a disposizione per confrontarci con chiunque lo desideri e per eventuali richieste di materiale utile ad una corretta informazione. Ringraziandovi per l’attenzione, Vi chiediamo di aiutarci a difendere la vostra scuola, la nostra scuola.

“Comitati a sostegno della Legge di iniziativa popolare”
per una buona scuola per la Repubblica *

28 aprile 2015

Soprattutto condivido il fatto che "La scuola non è un'azienda" e secondo me non dovrebbe mai esserlo.
Nulla dovrebbe essere come un'azienda. 

lunedì 4 maggio 2015

Il Grande Fratello in azienda




In questo articolo c'è una descrizione inquietante delle nuove norme contenute nel cosiddetto Jobs Act.
Le aziende stanno diventando sempre più feroci: ora sembra che ci sia il via libera per forme di telecontrollo che potrebbero rendere reali gli scenari immaginati nel romanzo di George Orwell.
Notizie come questa (e anche questa) mi convincono che occorra stabilire se la priorità deve essere data alle persone e allo sviluppo sociale o se invece debba essere quella del profitto e delle ragioni del capitale.

venerdì 24 aprile 2015

Articolo 18, addio...



In questi mesi si è parlato molto di Articolo 18 e precarietà, ma si è sempre dimenticato di ricordare che negli ultimi 15 anni i dati scientifici dicono che l'Italia è il paese dove le tutele sul lavoro sono diminuite di più in seguito alle riforme Treu prima e Biagi poi.
E' vero che alcuni lavoratori dipendenti sono (ancora) protetti dall'Articolo 18, ma è altrettanto vero che c'è ormai una maggioranza che questa tutela non ce l'ha e questo a causa di un disegno politico ben preciso, anche se socialmente folle.

Di fatto questo è accaduto perché la precarietà occupazionale è il prezzo sociale pagato ai molti investitori esteri che si "radicano" sul territorio per quel tanto che reputano profittevole (processo cofinanziato dai contribuenti), per poi minacciare la smobilitazione, e la migrazione dove le prospettive di guadagno risultino maggiormente favorevoli, nel momento in cui la "competizione internazionale" lo richieda.
In Italia i casi non mancano, al pari delle italianissime delocalizzazioni.

Esporre governi e lavoratori a un ricatto permanente, tale da scatenare dumping salariale e fiscale tra paesi diversi per grado di sviluppo, in un regime di libera circolazione dei capitali, consente al grande capitale di cogliere fior da fiore nel mare magnum della globalizzazione, garantendo inoltre il vantaggio competitivo di poter diluire gli assetti societari su più giurisdizioni fiscali (si scaricano i costi, spesso gonfiati ad hoc, dove la tassazione sui redditi di impresa è più alta, mentre si dichiarano i relativi profitti dove è più bassa, come nella "credibile" Irlanda). Bella cosa l'efficienza del "libero mercato", non c'è che dire...


Questo spiega perché durante la costruzione del Mercato unico europeo e dell'Unione economica e monetaria non si sia provveduto nemmeno ad un'armonizzazione fiscale dei rispettivi regimi nazionali.
Rende palesi quali interessi vi fossero dietro tanta fretta: gli stessi che hanno consapevolmente premuto per avere subito un sistema generatore di insanabili squilibri, i cui costi si sarebbero scaricati sui più deboli, piuttosto che attendere, nel caso ci fosse stata la volontà politica di farlo, l'armonizzazione delle economie dei paesi membri.
E non poteva essere altrimenti avendola sottomessa, cooptata o acquisita, quella volontà politica.

E in tutto questo delirio in azienda si continua a chiedere attaccamento e fedeltà ai dipendenti, salvo poi sbarazzarsene senza alcuno scrupolo o esitazione nel momento che gli interessi aziendali divergano anche solo per motivi nebulosi....

mercoledì 28 gennaio 2015

I sogni dei Manager







Il Dipendente Riluttante ha ricevuto questa mail e non può che essere perplesso.


Disponibile (ma ancora per poco tempo) il Report Esclusivo “5 Segreti per Stare Bene e Gestire al meglio il Business” di Alessandro Ferrari, per te che sei in cammino verso il successo.
Scopri adesso i segreti dei leader più straordinari e dei manager più ammirati.Ecco i contenuti dei 5 moduli che compongono L’esclusivo report in omaggio per te:
1- Leader, Manager e imprenditori del III millennio Dove spiego la differenza tra le tre classi, introduco le difficoltà e le opportunità di questo periodo, accenno ad alcuni personaggi importanti come Steve Jobs, Adriano Olivetti, Guglielmo Marconi uomini che si sono distinti per essere non solo manager e leader.
2- L’incoerenza è il tuo primo nemico Obiettivi, mission e vision. Se non vanno in accordo con il tuo spirito non ti permetteranno di raggiungere il tuo fine. Quindi ecco una lezione per apprenderne i segreti e il funzionamento.
3- Rapporti con gli altri Capacità di motivare, capacità di negoziare, capacità di sognare e di trasmettere la propria vision, capacità di trascendere. Hai queste qualità? Questa lezione è stata studiata appositamente per portarti a riflettere sull’importanza di relazionarti con gli altri.


Di fatto nel mondo dell'azienda vengono promossi corsi di formazione per trattare questi temi, ma dopo, come abbiamo visto nel mondo reale accade tutto il contrario


1- Manager e leader in azienda


2- Capacità di individuare gli obiettivi con strategie elaborate


3- Capacità di motivazione, capacità di sognare, capacità di negoziare


Veramente desolante la completa incapacità di guardare la realtà che regna incontrastata in azienda!

giovedì 22 gennaio 2015

La valutazione delle prestazioni del collaboratore







Da diversi anni (e dopo ripetuti test di insoddisfazione dei collaboratori) è stato introdotto un colloquio Responsabile-Collaboratore con lo scopo di valutare da un lato, comportamenti abituali del collaboratore circa l’autonomia decisionale, le competenze del ruolo, relazioni e collaborazione con i colleghi.  Dall’altro lato il colloquio offre la possibilità di evidenziare aspetti della relazione con il Responsabile, aspettative sul medio periodo, la percezione dell’azienda da parte del collaboratore.

Tra gli scopi della valutazione c’è quello di evitare equivoci dove “io collaboratore sono convinto di fare del mio meglio ed offrire un contributo elevato all’azienda” mentre “io Superiore sono invece insoddisfatto del tuo lavoro”.
Le aziende, sempre pronte a interrogare i collaboratori e a raccogliere i preziosi suggerimenti, dimostrano una inspiegabile difficoltà di fronte ai cambiamenti. Il primo anno ho affrontato la valutazione come momento di fiducioso confronto al quale non sono seguiti cambiamenti tangibili. Il secondo hanno è stato modificato il modulo della valutazione, rendendo impossibile un confronto con l’anno precedente. Ma ho ugualmente compilato la mia auto valutazione in attesa del confronto con il mio responsabile. Ancora nessun cambiamento. Al terzo anno ho alzato i toni, ho cercato lo scontro con aspre critiche. Nessun interesse per quanto dichiarato. Dal quarto al sesto anno, nonostante i frequenti aggiornamenti sul modulo, ho “copiato&incollato” lo stesso testo pro-aziendalista: se le aspre critiche non avevano funzionato, tanto valeva lasciarli crogiolare tranquilli, nel loro brodo aziendalese.
Nell’annuale compilazione dell’auto valutazione delle mie prestazioni, liberamente ispirata a Matrix, ecco a voi la possibilità di scegliere Pillola BLU  o Pillola ROSSA! Scegliendo la pillola blu si continua a vivere da addormentati nell’illusorio mondo aziendale, mentre  scegliendo la pillola rossa ci si incammina verso la consapevolezza della realtà.

LA MIA POSIZIONE: RUOLO ATTUALE, ASPETTATIVE FUTURE                                                                                  
Pillola BLU: Nel mio ruolo mi trovo bene, con il passare del tempo mantengo le mie competenze e consolido la conoscenza dei processi aziendali. Mi appassionano le sfide e i progetti che mi vengono assegnati e spero di poter lavorare con  crescente autonomia.
Pillola ROSSA: Nel mio ruolo mi trovo ""fermo"".  Con il passare del tempo non ho aumentato le mie competenze specifiche e non mi sono concesse formazioni o corsi di aggiornamento. I compiti che mi vengono affidati sono programmati e gestiti da manager che non conoscono la mia materia e il mio campo d’azione, creando notevole disagio nel portare a termine le consegne in tempi  accettabili. Non sono a conoscenza delle attività che mi riguardano sul medio-lungo periodo, i progetti e i compiti da svolgere arrivano alla mia scrivania in perenne ritardo, rendendo immotivatamente stressante la quotidianità.                                                                            
LA SQUADRA DI LAVORO: RELAZIONI TRA COLLEGHI, AFFIATAMENTO DEL GRUPPO                                    
Pillola BLU: Con i colleghi mi trovo bene. C’è un buon affiatamento, tutti sono collaborativi, lo scambio di informazioni è facile, c’è fiducia reciproca.
Pillola ROSSA:  Con i colleghi non c’è rapporto. Ognuno coltiva il suo piccolo orticello, sperando di rendersi indispensabile in azienda. A seconda della corrente si viene tirati da una parte o dall’altra, in un perenne conflitto tutti-contro-tutti. Ognuno cerca di emergere come può, a discapito degli altri. Non mi considero parte di una squadra, non sono a conoscenza delle attività dei colleghi, non c’è scambio di informazioni, se qualcuno è assente il suo lavoro non viene portato avanti da nessuno.
IL MIO RESPONSABILE: RELAZIONE INTERPERSONALE, ASPETTATIVE                                                   
Pillola BLU: Il mio responsabile è disponibile all’ascolto e al confronto. Interviene  se richiesto o interpellato. Si assume la responsabilità del mio operato e dell’operato del team, in caso di problemi.
Pillola ROSSA:  Il mio responsabile è disponibile all’ascolto e al confronto, anche se le decisioni vengono prese a livello strategico dalla Direzione e per questo non sono negoziabili. Le attività e i progetti sembrano non dipendere direttamente da lui, ma da altri manager. Questo rende il ns lavoro in balia di eventi e tendenze, senza una programmazione lungimirante.
“L’esistenza ci vuole bene, ci offre sempre una possibilità di cambiamento, ma sta a noi saperla cogliere e sfruttarla. A quel punto bisogna scegliere tra la possibilità di proseguire nella vita ordinaria, meccanica, fatta di regole; oppure decidiamo di metterci in discussione con il rischio di perdere tutto.”
Pilla Blu o Pillola Rossa?
Blu anche quest’anno.

Cordialmente scoraggiata
La Dipendente Recalcitrante

mercoledì 7 gennaio 2015

Colleghi contro





In tema di part time, ho trovato alcune testimonianze in rete e mi ha colpito particolarmente questa, presa da questo post.

Salve, anche io lavoro in banca e prima di rientrare dopo molte insistenze ho ottenuto il part time e sono stata assegnata all’unica filiale disponibile. Quello che mi amareggia è che i colleghi il direttore in primis fanno continue pressioni perchè io rinunci al part time e lasci la bimba che ha 17 mesi fino alle 17.00 all’asilo aziendale visto che è aperto anche la sera. Prima hanno provato col personale a farmi trasferire non riuscendoci mi hanno detto che se voglio rimanere lì visto che mi fa comodo perchè sono vicina all’asilo devo acconsentire al full time altrimenti visto che il lavoro è aumentato si faranno mandare un’altra persona e a me chissà dove mi mandano. In tutta questa situazione i colleghi sono quelli che mi mettono più bastoni tra le ruote. E' normale tutto ciò?

Purtroppo la mentalità aziendale corrente è così invasiva che chi non si adegua alla dedizione totale viene messo ai margini dai propri colleghi prima ancora che dai superiori: per questo occorre mimetizzarsi, nascondere parte di se, fingere....purtroppo per una mamma con bimbi piccoli questo non è possibile e non è neanche giusto.