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lunedì 27 maggio 2013

Il dodecalogo del perfetto dipendente




Riporto un estratto da un interessantissimo post trovato su un blog di consulenza che tratta molte disfunzioni delle organizzazioni aziendali in maniera davvero aperta e con ironia (mentre spesso gli studi di consulenza sono “più realisti del re”).
Il post fornisce una serie di consigli per far si che il proprio lavoro sia apprezzato e valorizzato in azienda: si potrebbe pensare che basterebbe eseguirlo con competenza e precisione, ma in realtà non è così.

Sai valorizzare il tuo lavoro?
Sai fare in modo che capo e colleghi abbiano un’idea plausibile della mole di lavoro che ogni giorno ti spupazzi?
Se non ne sei pienamente convinto forse ti può essere utile seguire alcune, semplici regole, che ho raccolto per in un dodecalogo.  
1. Arriva sempre al lavoro prima del tuo capo e vai a casa dopo di lui. Apprezzerà, ne sono certo, specie se non ti paga lo straordinario. 
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4. Mai camminare lentamente. Passo e movenze sostenute accrescono la percezione di persona impegnata: non sempre uno che si agita sta facendo qualcosa di produttivo, ma l’importante è comunicare “azione”. 
5. Se proprio devi riflettere fallo lontano da occhi indiscreti. Chi pensa non ha nient’altro da fare. 
6. Non frequentare corsi di formazione. Non sei pagato per perdere tempo in attività improduttive. 
7. Se proprio alla formazione non sai rinunciare (e posso capire solo se in aula ci sono io …), allora cerca di arrivare con almeno 30 minuti di ritardo e lasciare l’aula un’ora prima degli altri. Impegni inderogabili incombono e, tuo malgrado, non puoi sottrarti. 
8. Avrai l’accortezza di fare lo stesso nelle riunioni alle quali partecipi, rendendo evidente a tutti il carico di lavoro, al limite dell’umano, che ogni giorno sei costretto a sopportare.  
...........
 
Di fatto questo decalogo conferma molte delle situazioni che erano state descritte in questo blog, partendo da osservazioni empiriche e dall’interno: questo mi sembra molto importante, visto che in questo caso vengono da esperti di organizzazione.
Il quadro che mi sembra uscire, proprio in accordo con le mie descrizioni, è che in azienda ciò che è diventato sempre più importante, non è il risultato del lavoro del singolo e dell’organizzazione, bensì l’impressione che si deve trasmettere ad altri enti o all’esterno: non sono importanti l’organizzazione i metodi e la qualita' di ciò che si fa, ma sono diventati via via fondamentali la frenesia, la quantità di tempo dedicata al lavoro, la propria importanza da trasmettere mettendo in mostra di essere sovraccarichi (a volte addirittura provocano ad hoc questa situazione di sovraccarico).


Questa situazione è diventata ormai praticamente uno stato patologico nelle organizzazioni, che oltre a diminuire i risultati del lavoro, peggiora la qualità di vita all’interno ed è un costante motivo di demotivazione in tante persone che ci lavorano, dato che queste situazioni paradossali e ormai fini a se stesse sono percepite, anche se non sempre consapevolmente comprese nell’ambiente interno.
In questo stato deviato, infatti, la sostanza del lavoro e delle persone che lo svolgono ha perso ogni importanza e tutto si basa sugli atteggiamenti, ormai addirittura inconsapevoli, che devono provocare un effetto sui vari interlocutori e che si trasmettono come onde lungo le linee gerarchiche in azienda: anche chi non ne sarebbe predisposto e' suo malgrado coinvolto, perché viene valutato, incoraggiato, o addirittura rimproverato in base al suo grado di adesione a questi comportamenti deviati.

In pratica, nei casi peggiori, siamo al delirio istituzionalizzato.

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