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venerdì 30 maggio 2014

L'azienda totale


Tempo addietro avevo letto una serie di lavori scritti assieme di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, (per esempio questo e questo) in cui avevo trovato il concetto di “capitalismo assoluto”:  il fatto cioè che negli ultimi decenni la logica capitalistica del profitto si è estesa all'intero ambito sociale. Riporto un passaggio tratto da “La Sinistra rivelata”, che sintetizza questi concetti:

“Si tratta della completa pervasività sociale del capitalismo storico (…) ogni aspetto della società umana, compresi i corpi biologici degli individui e i caratteri della loro personalità, viene sussunto sotto il capitale come materia della produzione capitalistica (…). Chiamiamo capitalismo assoluto il capitalismo storico che è penetrato in ogni poro e in ogni profondità della vita umana associata. Esso è assoluto perché la sua logica di funzionamento regge completamente ogni ambito della vita, senza più lasciare alcuna autonomia di scopi e di regole ad altre istituzioni. L'azienda, cioè l'istituzione che promuove la produzione e la circolazione della merci in funzione del profitto, diventa allora non più soltanto la cellula del sistema economico, ma l'alfa e l'omega della società, perché la società è diventata una società di mercato, in cui ogni bene pubblico è stato convertito in bene privato, e ogni bene privato in merce. Di conseguenza ogni istituzione viene concepita come azienda, persino l'ospedale, persino la scuola, e persino l'intero paese, che non è più nazione, ma azienda, l' “azienda-Italia”.
(M.Badiale-M.Bontempelli, La sinistra rivelata, Massari editore, pagg.171-172)”

Inutile dire che posso solamente assistere con timore e preoccupazione a questa prospettiva, in quanto innanzitutto sono convinto che ci sono molti ambiti in cui non deve essere prioritaria la logica del profitto (anzi forse questi ambiti sono preponderanti), ma in secondo luogo perchè, viste le follie che regnano in azienda tremo al pensiero di vederle trasposte in ogni ambito della società.

mercoledì 21 maggio 2014

Donne come uomini in azienda


 

Ne avevo parlato in questo post, ma ora arriva una conferma in questo interessante articolo sul sito di Bianco Lavoro in cui si riportano indagini su un campione statistico.

Una donna-mamma che lavora non può fare carriera.
Ben il 68% delle intervistate pensa che non sia possibile fare carriera se si vuole essere una buona madre. Bisogna sacrificare le proprie ambizioni lavorative se si vuole aver cura dei figli e seguirli nella crescita. Il 67% di loro sostiene inoltre che non sia possibile proporre ai propri superiori soluzioni in grado di andare incontro alle loro esigenze di work-life balance: rifiutarsi ad esempio di partecipare alle riunioni serali significa tagliarsi fuori da ogni possibilità di avanzamento professionale.
Il mondo del lavoro impone di vivere da uomo e questo non è possibile.
Ben il 77% delle donne che hanno partecipato al sondaggio sostiene che per avere successo nel mondo del lavoro bisogna comportarsi come un uomo e rinunciare alla propria parte femminile, per natura più assertiva e conciliante. Le donne inoltre devono fare i conti con una fase molto importante della loro vita, la maternità. Il 68% delle intervistate ritiene inevitabile sacrificare il lavoro per dare priorità alla gravidanza prima e alla maternità dopo e il 58% preferisce lasciare il lavoro piuttosto che pagare una baby sitter per i figli.
Sono contento che le mie osservazioni empiriche dall'interno siano confermate da un'indagine oggettiva, che contraddice tutto ciò che viene invece affermato dalle aziende nei loro discorsi e nei loro slogan.

martedì 13 maggio 2014

Non c'è posto in azienda per....Michael Jordan


Torniamo sui presunti parallelismi con il mondo dello sport di cui l'azienda coglie a piene mani immagini, slogan e metafore.
C'è una famosa citazione di Michael Jordan che sicuramente avrete sentito.

"Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine. 
Ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. 
Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto".

L'aspetto che mi ha sempre colpito di questa citazione è la consapevolezza di quanto nello sport il fallimento e la sconfitta facciano parte del gioco, quanto le più grandi vittorie e di come la linea che divide le une dalle altre sia spesso estremamente sottile. 
L'idea che viene trasmessa nelle frasi di Michael Jordan è che se ci sono dei fallimenti a volte è perché si sono tentate azioni difficili dove la possibilità di sbagliare è estremamente presente, ma proprio tentando queste azioni possono scaturire grandi vittorie. Per accettare questa situazione occorre accettare la sconfitta, ma in azienda dove la possibilità di un fallimento non viene neanche contemplata, simili frasi non potrebbero mai essere pronunciate.

Insomma, io sono sicuro che se Michael Jordan fosse entrato in azienda, invece di giocare coi Bulls, con idee come queste non avrebbe superato neanche il periodo di prova.....

sabato 10 maggio 2014

L'aziendalese di Marchionne

 
 

Il discorso di apertura di Marchionne alla presentazione dei nuovi piani della Fiat
 
”C’è un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadono. Le fanno accadere, non lasciano i loro sogni fuori la porta ma si lasciano coinvolgere e si assumono rischi. Lasciano il loro segno. E’ un mondo dove ogni giorno e ogni nuova sfida porta con sé l’occasione di creare un futuro migliore”, come ha detto aprendo il suo intervento alla presentazione del piano industriale del gruppo. “Le persone che vivono in questo mondo non vivono mai due volte lo stesso giorno perchè sanno che c’è sempre qualcosa che può essere fatto meglio. Questo mondo eccezionale appartiene a queste persone così come queste persone appartengono a questo mondo. Lo portano alla vita con il loro duro lavoro, gli danno forma con il loro talento – ha proseguito -. Questo potrebbe non essere un mondo perfetto e certamente non facile. Nessuno siede ai margini e il ritmo può essere furioso perché queste persone sono appassionate, molto appassionate, a quello che fanno. Coloro che scelgono di vivere in questo mondo credono che assumersi responsabilità conceda un significato più profondo al loro lavoro e alle loro vite. Benvenuti in questo mondo. Benvenuti a Fiat Chrysler Automobiles”.
 
C'è tutta la retorica, gli slogan e la mancanza di concretezza del miglior aziendalese: praticamente un esempio perfetto di quanto esposto in questo blog finora.