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venerdì 28 febbraio 2014

L'Imperatore e il mare



Qualche giorno fa, curiosando nella mia libreria mi è capitato in mano un libro letto qualche anno fa. Si trattava delle "Memorie di Adriano" della Yourcenar e aprendolo per rileggere i brani sottolineati ho trovato questo passaggio in cui viene descritto un episodio della campagna che l'Imperatore Traiano condusse contro i Parti per conquistare i territori dell'Asia minore.
 
"Non appena giunto a Caraci, l'imperatore stremato era andato a sedersi sulla ghiaia, a contemplare le torbide acque del Golfo Persico. Si era ancora all'epoca in cui non dubitava della vittoria; eppure, per la prima volta, fu sopraffatto dall'immensità del mondo, dal terrore della vecchiaia, dei limiti che ci rinserrano tutti. Grosse lacrime rigarono il volto di quell'uomo che si credeva incapace di piangere. L'Imperatore, che aveva portato le aquile romane su lidi inesplorati fino a quel giorno, comprese che non si sarebbe imbarcato mai su quel mare tanto vagheggiato: l'India, la Battriana, tutto l'Oriente oscuro di cui s'era inebriato a distanza, sarebbe rimasto per lui un nome, una visione. L'indomani notizie funeste lo costrinsero a ripartire.
Tutte le volte che il destino mi ha detto no, ho ricordato quelle lacrime versate una sera, su una sponda lontana, da un vecchio che forse per la prima volta guardava in faccia la sua vita."

E' un brano struggente, pieno di suggestione e commozione, in cui Adriano capisce che ci sono imprese che per quanto si è grandi risultano impossibili e la vera grandezza (che poi sarà la sua) è quella di saperle evitare o sapere quando ci si deve rinunciare.
In quel momento non ho potuto non fare il parallelo con le tante iniziative velleitarie che intraprendono invece i nostri moderni capitani d'azienda e in cui a furia di slogan l'idea stessa dell'impossibilità e del fallimento non viene mai neanche contemplata.
 
E' vero che moltissime volte, proprio tentando imprese che sembrano impossibili, arrivano successi inaspettati, soprattutto nello sport che è sempre una grande ispirazione di immagini e paragoni per la retorica aziendale. Però è vero che proprio quelle imprese vengono fin dall'inizio percepite come estremamente difficili, dove la prospettiva di un fallimento è ben presente e dove se ciò avviene di solito, anche se c'è la delusione, nessuno viene colpevolizzato.
In azienda invece non si deve neanche parlare della possibilità di un fallimento di qualsiasi iniziativa e nel caso che ciò accada si cercherà di scaricare le colpe gli uni sugli altri o si trasmetteranno rimproveri e sanzioni lungo tutta la catena gerarchica a scendere.
 
E se qualcuno prima di arrivare al fallimento prendesse coscienza della situazione e facesse una riflessione come quelle che passarono nella mente di Traiano, sicuramente qualche suo superiore o qualche altro collega non perderebbe l'occasione di esorcizzare questo stato d'animo con uno dei tanti slogan aziendali autocelebrativi.

giovedì 20 febbraio 2014

I Mastini della Guerra



Ricevo da un lettore e pubblico con piacere

Caro Dipendente Riluttante,
ti leggo spesso con interesse e ora ho deciso di scriverti per dare a quanti si affacciano nel mondo del lavoro alcuni consigli, basati sulle esperienze che ho vissuto nella mia travagliata esperienza in tante aziende. Proprio in base a queste esperienze, penso che un giovane e speranzoso laureato che cercasse in questi perigliosi frangenti economici un posto sicuro in un’azienda italiana con l'aspirazione a una luminosa carriera, dovrebbe seguire il seguente piano d'azione, che però nessun "esperto" di sviluppo professionale si sognerebbe mai di suggerire.

Partendo dal presupposto che il gioco di squadra è un dogma e un mantra costantemente ripetuto in azienda, fino a farlo diventare una litania liturgica, già durante i colloqui di selezione, il giovane non deve mai stancarsi di sottolineare quante e quali volte egli si sia messo in luce in tale mirabile arte.
Successivamente, però, ad assunzione avvenuta è necessario che il nostro. avventuroso ed istrionico amico, pur ripetendo la litania ogniqualvolta se ne presenti la necessità, si comporti in tutt’altra maniera.
Qui di seguito il giusto percorso in pochi ma chiari passi.
 
1)    Scegliere la vittima.
Adocchiare un proprio sottoposto (od un proprio pari o, meglio ancora, un timido superiore) da tenere d’occhio e studiare nelle sue reazioni emotive per circa 1 o 2 settimane.
 
2)    Organizzare l’imboscata.
Successivamente, con un pretesto qualsiasi, legato al lavoro o ad un altro qualsiasi frangente, in un momento in cui si ritiene la vittima più psicologicamente attaccabile, effettuare a voce alta un’esternazione aggressiva (una critica ad un programma che non si riesce a mantenere, ad un preventivo che non si riesce a rispettare, ad un prodotto qualitativamente scadente). Non importa se la vittima è in parte o in toto responsabile del problema: la cosa importante è esternare a voce alta ed in pubblico con la convinzione che la colpa sia del malcapitato obiettivo dell'esternazione. Meglio sarà se questa esternazione verrà fatta con toni aggressivi che non si userebbero neanche col peggior nemico, figuriamoci se con un cosiddetto "compagno di squadra" con cui si condividono allegre, fantasiose e costose iniziative di "team building".
 
Fatto ciò, in men che non si dica si spargerà in azienda la voce che il nostro eroe si che ha le palle, lui si che si fa rispettare e che è un gran stronzo o, parafrasando Fantozzi, un gran TEST DI CAZZ: ecco, questa è la cosa più bella ed il titolo più apprezzato a cui il nostro amico potrebbe ambire.
Se ripeterà altre volte l'operazione, magari anche verso altre vittime, sicuramente verrà notato dall'alta dirigenza e verrà preso sotto l’ala protettrice di qualche capo funzione che ha bisogno, nelle riunioni comandate, di difendere le proprie inefficienze e scardinare il gioco di squadra senza portarsi dentro altro lavoro. E questo sarà un percorso professionale di sicuro successo: altro che lauree, altro che master e preparazioni, altro che competenze; una sola grande qualità: fare il mastino ed abbaiare a comando nelle riunioni tra funzioni, non importa se a ragione o torto. Il tuo capo con un semplice cenno del capo ti farà sapere quando la tua professionalità è richiesta e tu…via come Melampo (il cane di Pinocchio) che abbaia per far scappare la volpe dal pollaio.
 
Una figura di tal fatta sarà ammirata da tutti i dirigenti, avrà una luminosissima carriera e ben presto potrà richiedere anche aumenti di stipendio e benefit sicuramente meritati.
D’altronde, chi negherebbe qualcosa ad un Mastino della Guerra?
 
Un abbaiante saluto
 
                                                        Il Dipendente Disilluso

mercoledì 12 febbraio 2014

La procedura uomo-scimmia





Quando il capo si interessa del mio carico di lavoro per assegnarmi una mansione che lui ritiene importante e dalla massima priorità, dopo anni e anni di convivenza lavorativa, ho capito che è in arrivo un lavoro beffa.
L’incarico beffa è, per esempio, quel lavoro da svolgere dove non devi fare niente, ma “solo” coordinare e attendere risposte da più reparti che ovviamente tarderanno le consegne o non faranno adeguatamente la loro parte di incarico. La colpa ricadrà su di te in ogni caso, pur non in tuo potere, perché è chiaro che la bassa manovalanza non può alzare la voce con i capi di altri reparti per sollecitare una consegna. Potrai al più ricordare, sollecitare e far presente che sei in attesa che altri svolgano il loro dovere. Un incarico beffa può nascondere un elevato rischio “diplomatico”.
Altre volte invece l’incarico beffa riguarda attività che nessuno vuole svolgere, perché considerate di poco valore o, al contrario, considerate di vitale importanza ma troppo costose per essere eseguite da fornitori esterni o consulenti qualificati. In questo caso serve quello io chiamo “uomo-scimmia” che si limita ad eseguire quello che gli viene detto, senza che capisca nulla di quello che succede prima e dopo lo svolgimento del suo incarico. L’uomo scimmia opera senza sapere il contesto nel quale deve agire, limitandosi ad eseguire la procedura fornita da altri, che, a detta del tuo capo è molto semplice. Sarà per questa semplicità che il consulente qualificato se la fa pagare molto cara? La procedura uomo-scimmia prevede l’esecuzione di quanto scritto nell’apposito documento cartaceo, consegnato sistematicamente un paio di ore prima dell’avvio dell’attività!
Non è una mansione difficile, lo potrebbe fare chiunque e il capo deve pur scegliere qualcuno. A un responsabile che assegna una attività poco gradita , non resta che assegnarla con l’aziendalese più consumato: “Abbiamo scelto te per le doti di precisioni e affidabilità”, “E’ un lavoro altamente sfidante”, “L’intera azienda attende questo lavoro”, etc.

E veniamo ai fatti: era il dicembre del 2013. Il mio responsabile si interessò del mio carico di lavoro durante le feste natalizie. In particolare si interessò delle mie ferie, pianificate, come da richiesta dell’entusiasta responsabile del personale, a gennaio 2013. Mi disse che c’era un lavoro altamente sfidante, di massima importanza per l’azienda, che voleva affidarmi ma che era particolarmente urgente e ventilò l’ipotesi di saltare qualche giorno di ferie. Poco male, non amo le feste comandate. Vengo convocata a un paio di riunioni infuocate tra diversi reparti, dove tutti parlano di questa importante attività da svolgere. Io, essendo entrata a progetto già avviato non capisco molto, e lo faccio presente al mio responsabile che mi liquida con un “tranquilla, quando tutto sarà deciso, ti diremo cosa fare” e mi esclude anche da queste riunioni.  
L’attore non protagonista, nonché uomo-scimmia, sono io. Il lavoro sfidante consiste nel dare “pochi e semplici click” a metà di un processo che coinvolge diversi reparti dell’azienda. Inutile sollevare dubbi o perplessità sulla mia mancanza di conoscenze “generali”, viene continuamente ribadito che l’attività è molto semplice, che non è necessario avere competenze specifiche, che mi verrà fornito un documento scritto chiaro, con i passaggi da eseguire e che è volontà dell’azienda seguire l’avvio delle nuove procedure con personale interno, invece che affidarsi al fornitore che ha dato vita al progetto.

Come nelle migliori tradizioni aziendalesi il tutto deve essere assolutamente svolto entro gennaio, e quando inizio a bussare alla porta del mio responsabile, intorno al 15 gennaio, mi viene risposto che è ancora presto … ma presto sarà troppo tardi! Solo intorno al 20 gennaio vengo convocata per la pianificazione delle attività che si dovranno svolgere tutte nell’ultima settimana di gennaio. La procedura che mi riguarda non è ancora pronta, ma posso (io) sollecitare il fornitore. Il problema della mancanza della procedura pare sia un MIO problema! Mi sento talmente motivata e coinvolta nella riuscita del progetto che alla 3° mail inviata al fornitore (per CC al mio capo) per la richiesta della procedura, depongo le armi e attendo semplicemente la data concordata.
Arriva il giorno X e mezza azienda è sull’attenti in attesa dei miei “pochi e semplici click”. Della procedura nessuna traccia e il capo conferma le mie sensazioni su come la procedura fosse un MIO problema sbottando con un “E io che cosa ci posso fare?” (avrei voluto rispondere: “vedi tu, mi tiri in mezzo a sto casino, mi dici che è uno robetta da quattro click, mezza azienda è ferma, non so neanche di cosa si parla e vorresti che mi preoccupassi???”)
Telefonate, sfuriate, rimpalli, discussioni … la procedura non c’è, il fornitore non è in grado di fornirla, occorre provarla insieme e al telefono eseguo al meglio delle mie capacità di uomo-scimmia i pochi click che mi vengono richiesti. Qualcosa va storto. Il fornitore si prende un pomeriggio per capire, poi attacca la mattina del giorno dopo, e quello dopo ancora. Si prende tutta la settimana, mezza azienda rimane ferma tutta la settimana e inaspettatamente gennaio finisce!

A inizio febbraio avevo preso ferie per fare un po’ di formazione. Può sembrare strano che un impiegato debba prendere ferie per fare formazione professionale, eppure è così e, tra l’altro, la pago io. Il progetto non è concluso a gennaio come previsto, quindi il capo mi convoca per discutere delle ferie e mi chiede se sono “indispensabili o rimandabili”. Con una certa fierezza gli annuncio che le ferie mi servono per un corso di formazione. Sono ormai anni che l’azienda non propone più formazione ai collaboratori, ma ingenuamente mi aspetto almeno un po’ di ammirazione, un vago incoraggiamento, …. niente di tutto questo! Spalanca gli occhi sollevato e annuncia “Benissimo, allora faranno sicuramente un’altra sessione del suo corso, quindi per scrupolo, sospendiamo le ferie in attesa di sapere gli esiti del progetto!”
Ovviamente gli esiti del progetto non dipendono da me, ma in primis dal fornitore che porta avanti il progetto e a seguire dai reparti aziendali che devono verificare l’efficacia delle nuove disposizioni. Io ero solo l’uomo-scimmia incaricato di eseguire pochi compiti. 

Il danno: ho dovuto annullare le ferie e disdire l’iscrizione al corso per compiacere il mio capo. 
La beffa: il fornitore, per scrupolo, ha deciso di eseguire personalmente tutti e quattro i semplici click rendendo la mia presenza in azienda assolutamente inutile.

Scimmieschi saluti
La Dipendente Recalcitrante


sabato 8 febbraio 2014

Leggere libri secondo le tecniche aziendali



Ho trovato un link a questo articolo su Facebook


Leggere quaranta pagine al giorno è un obiettivo ragionevole, che fa sembrare meno spaventosa l’idea di leggere 52 libri all’anno.
 
Negli ultimi cinque anni ho letto più di un libro a settimana, senza ritardi o interruzioni. Sono sempre stato in anticipo sulla mia tabella di marcia. Vorrei che quest’anno lo faceste anche voi. Ecco come si fa.
Perché è importante leggere tanto
Ti fa sentire benissimo. Ti dà una quantità incredibile di idee. Ti aiuta a pensare in maniera più profonda. È meglio della tv e perfino di internet. Ti aiuta a capire il mondo. È il mattone che costruisce l’abitudine di portare a termine le cose. Vabbè, la faccio corta, fatelo e basta.
Perché decidere di leggere così tanti libri, perché non semplicemente “leggere di più”? Penso che avere un obiettivo irraggiungibile come un libro a settimana in realtà aiuta. Per fare un confronto, il corpo reagisce con forza alle grandi ferite, e usa molte energie per guarirle. Si cura meno invece delle piccole ferite, e di conseguenza i tempi di guarigione si allungano. Quindi darsi un obiettivo alto ti aiuterà ad affrontarlo con serietà.
Questo è il primo punto. Datevi un obiettivo irraggiungibile così da mettervi addosso un po’ di pressione.
Un giorno alla volta
In media i libri che ho letto avevano 250-300 pagine. Alcuni erano più voluminosi, altri più sottili. Sono circa quaranta pagine al giorno, che leggo nelle prime ore della giornata. È un obiettivo ragionevole, che fa sembrare meno spaventosa la cifra di 52 libri all’anno. Questo è fondamentale per il vostro stato emotivo, e vi darà la sensazione che è fattibile.
Fatela diventare un’abitudine
In questo momento ho l’abitudine di svegliarmi, fare la doccia e poi fare colazione fuori: rimango seduto al bancone dello stesso bar, bevendo caffè, finché non ho letto le mie quaranta pagine. Ho scelto questo metodo perché non ho molta forza di volontà. Scommetto che molti di voi hanno lo stesso problema, e questo è un modo per trovare il posto giusto per ogni cosa.
Ah, un consiglio: leggete la mattina presto, il prima possibile. Come le pagine del mattino di cui si parla nel libro di Julia Cameron La via dell’artista e gli esercizi di Twyla Tharp (descritti qui), se non lo fate nelle prime ore della giornata, finirete per rimandare. Questo vale per tutte le abitudini: per farle funzionare devono essere inserite in una routine.
Sfruttate ogni momento
I pendolari possono usare il tempo degli spostamenti. Se avete una pausa pranzo, approfittatene. La libertà di poter aprire il libro in qualsiasi momento, e leggere anche solo due pagine, vi aiuterà a rimanere al passo con la lettura, cosa che diventerà il vostro punto di forza e vi darà una certa gratificazione. In più, portarsi avanti nella lettura vi permetterà di guadagnare tempo con i libri più impegnativi, su cui vale la pena soffermarsi di più.
Arrendersi va bene. Più o meno
Se un libro è poco interessante (o è troppo impegnativo), va bene metterlo da parte, per un po’. Nel frattempo ne cominciate un altro più breve, e poi lo riprendete in mano di tanto in tanto, finché non lo avrete letto tutto.
Io l’ho fatto diverse volte quest’anno, il che significa che ho cominciato tra i 60 e i 65 libri e ne ho finiti 54.
È permesso imbrogliare
La scadenza stringe e rischiate di rimanere indietro? È il momento di trovare una scappatoia. Scegliete un libro veloce, che magari avete già letto, o qualcosa di piacevole e leggero.
“Sì, ma questo è imbrogliare”, potreste obiettare. Sono d’accordo. Ma un inganno a breve termine per riuscire a farcela a lungo termine è più importante dell’idea che dobbiamo solo leggere libri come Guerra e pace. Non è così. Lo scopo è migliorarsi la vita, non sentirsi degli incapaci.
A proposito, anche i libri brevi possono essere incredibili.
Non rimanete indietro
Non “fate debiti con voi stessi” e non prendete tempo, pensando di poter recuperare in seguito. La scadenza settimanale vi aiuterà a mantenere il passo con il vostro obiettivo: rimanere indietro, invece, potrebbe farvi dubitare del fatto di potercela fare e, alla fine, spingervi a mollare.
In conclusione
Leggere mi ha reso una persona migliore, più completa e più felice. I libri contengono tutta la saggezza del mondo. Se decidete di provare, questa sfida può davvero aiutarvi a crescere. Quindi cominciate oggi stesso.
 
Ma questo è un pazzo! L'ho pensato appena ho letto l'articolo: "scadenze", "rimanere indietro", "obiettivi" termini che con la lettura, che dovrebbe essere un'attività appassionante e rilassante stridevano veramente. Mancava la fatidica "deadline" e poi sarebbe sembrato un "planning" aziendale in un "meeting" a cui far seguire dei "briefing"....Ma soprattutto la frase "Questo è il primo punto. Datevi un obiettivo irraggiungibile così da mettervi addosso un po’ di pressione" era davvero emblematica della mentalità aziendale.
Poi infatti ho letto la descrizione di chi era l'autore e ho capito: amministratore delegato di un'azienda.....le scadenze autoinventate le aziende devono metterle anche nelle attività più normali della vita reale.....