Torniamo sulle idiosincrasie legate al controllo che vigono soprattutto
nelle aziende metalmeccaniche.
Ci sono studi, esperienze, articoli che dimostrano oltre ogni dubbio che
dare ai dipendenti tutta la libertà e la flessibilità possibile, senza mettere
controlli inutili, contribuisce in maniera fondamentale alla soddisfazione dei
dipendenti stessi.
Avere maggiore flessibilità e poter così conciliare meglio vita personale e
lavoro, ma anche poter in questa maniera condividere gli spostamenti con altri,
ha un valore elevatissimo per il dipendente e per questi vantaggi quasi tutti
sarebbero anche disposti a guadagnare qualcosa in meno perché vuol dire migliorare
la qualità della propria vita. L’azienda quindi avrebbe anche lei grandi
vantaggi nel concedere tutta la flessibilità possibile perché in questa maniera
potrebbe mantenere retribuzioni leggermente più basse e potrebbe spendere meno
tempo, strumenti e lavoro di persone per tenere sotto controllo tutti limitandosi
a evitare gli eccessi (cosa molto più facile).
Eppure in tutte le aziende in cui ho lavorato, la flessibilità era molto
limitata e sottoposta a limiti, autorizzazioni, controlli e quindi di fatto non
esisteva.
Le aziende metalmeccaniche, ma credo quelle manifatturiere in genere, ce
l’hanno scritta nel DNA e non riescono a farne a meno, anche quando è
dimostrato che è controproducente in molti contesti di lavoro.
Credo che ciò derivi dal retaggio di avere a che fare con fabbriche e linee
di produzione: ovviamente la flessibilità in una linea di produzione è una cosa
che deve essere per forza molto limitata perché il lavoro in quel contesto deve
essere scandito con estrema precisione e gli operai sono collegati uno con
l’altro. In più tradizionalmente in questi contesti i capi devono controllare
che l’operaio lavori in quantità e qualità fino a pensare che se il capo non è
presente il dipendente di sicuro non lavora bene. Probabilmente questi atteggiamenti
hanno ragione di esistere o sono spiegabili in quei contesti, però io credo che
diventano incongruenti quando vengono applicati ad attività diverse e
addirittura possono diventare dannosi perché creano disagi, insoddisfazioni e
addirittura tolgono la possibilità di utilizzare leve di motivazione dei
dipendenti diverse dalla retribuzione.
Ma perché avviene questo? Possibile che le Risorse Umane di queste aziende
non riescano a discriminare le situazioni e ad applicare le giuste tecniche?
Possibile che non sappiano di tutte gli studi sui vantaggi di flessibilità o
telelavoro, quando possono essere applicati?
Sono ignoranti, perché non conoscono questi studi motivazionali, o sono
incompetenti, perché li conoscono ma non li applicano per strani motivi o
semplicemente per resistenza a cambiare mentalità?
E’ qualcosa che mi chiedo da anni senza avere mai ottenuto una spiegazione
Provo a darla io una spiegazione: hai idea di quanto sforzo intellettivo questi signori dovrebbero fare per studiare, analizzare, testare altri tipi di disciplina interna, anche se questi potrebbero migliorare qualità della vita e dunque inevitabilmente aumentare la produttività? Non è invece di gran lunga più semplice dire "non si può" a prescindere piuttosto che ascoltare, valutare e magari scoprire che, capperi, sì, si può fare... oppure no, ma almeno fornendo una plausibile e coerente spiegazione? Credimi, di pigrizia intellettiva si tratta!
RispondiEliminaB.P.