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giovedì 27 giugno 2013

Lettera dal fronte




 
 
Ricevo da una lettrice questa testimonianza che pubblico volentieri e che mi conferma che la follia aziendale sta ormai dilagando. Speriamo solo che questi piccoli segni di dissenso siano una piccola breccia nel muro del delirio generalizzato. 
 
Caro Dipendente Riluttante,

vorrei raccontarti la pena che da tre anni devo scontare nella azienda in cui lavoro (una media impresa).

Tutto iniziò poiché i collaborati in azienda, di tutti i livelli, si lamentavano del reparto IT in cui lavoro e così “QuelGranGenio” del mio Responsabile decise di fare un’indagine di soddisfazione cliente (si parla di cliente interno) per valutare ed analizzare il malcontento generale.

Era l’occasione per mettere in evidenza le “aree migliorabili” del GranGenio, rivedere i processi, le procedure, … la svolta che ci avrebbe ridato credibilità come Reparto verso tutta l’azienda. I risultati del sondaggio vennero resi pubblici all’interno della divisione e venne indetta una riunione per presentare il risultare con il commento del GranGenio e il temuto PDA (il piano d’azione).

Avevo chiesto a molti colleghi di andare giù duro, di non risparmiare critiche, di affondare il coltello coperti dall’anonimato. E affondarono il coltello molto bene, il risultato era chiaro, la richiesta unanime dell’azienda era un reparto IT facilmente raggiungibile (telefono, email,..) , veloce nelle risposte, tecnologicamente evoluto... insomma niente di nuovo alla luce di un’idea di “Servizio”.

Dal mio punto di vista, viste le continue e perpetue lamentele sul servizio,  l’indagine rappresentava una possibilità di cambiare le cose, di rendere “ufficiale” la lentezza e le mancanze del ns servizio. La Direzione avrebbero visionato il sondaggio e non avrebbero potuto tacere di fronte a tanta insoddisfazione.

Il giorno della presentazione,  al cospetto del Gran Mogòl del GranGenio  (il capo del mio capo), il GranGenio esordì che il sondaggio aveva avuto una larga adesione, bel oltre la maggioranza! Capii all’istante che l’indagine non avrebbe portato a niente, che la fuffa avrebbe soffocato tutto.

Una serie di slide mostrarono i campi dove eravamo andati meglio, minimizzando le aree di grave insufficienza. La conclusione fu che siamo un reparto che “in generale” arriva alla sufficienza, che “in media” il servizio offerto copre le esigenze di base, ma siamo un reparto che non vuole accontentarsi … mostrerà a tutti che può strappare un voto “Discreto”. Venne quindi avviato un progetto denominato “Atlante”, giusto per rompere i coglioni anche alla Mitologia Greca.

Seguì 1 anno di incontri dove i colleghi erano felici di passare qualche giornata fuori dall’ufficio e di poter ordinare Tartara o Filetto al pepe verde al ristorante, il GranGenio  era felice del formatore le cui uniche parole erano “auto motivazione” e “proattività”.

Io ero depressa.

Nei lavori di gruppo tra colleghi venivano auto inventati  piani di azione per migliorare il servizio, ma la tartara accompagnata da qualche vino rosso  Riserva di buona annata, seppelliva tutto.  Lavorativamente non cambiò nulla e del progetto Atlante restò il compito (a carico dei collaboratori)  di organizzare ogni 3 mesi, un’uscita tra i medesimi, per fare gruppo. Ovviamente auto-finanziata!!

Poi venne il momento dei Colloqui di Sviluppo, lo strumento che consente al lavoratore proattivo di incontrare il GranGenio per stabilire il grado di soddisfazione nella mansione ricoperta, le aree di miglioramento, concordare la formazione. Qui l’Entusiasta Responsabile Risorse Umane si accorge che nel reparto c’è malcontento: ma come sarà mai possibile?? Interveniamo subito con un’azione di change, di cambiamento!

Per un altro anno ci sciroppiamo un formatore il cui unico scopo è fomentare i miei colleghi, risvegliarli dal loro torpore con domande tipo “Come sarebbe il GranGenio ideale? L’organizzazione del tuo lavoro preferita? “. Tutti a fantasticare sul Reparto Ideale, su come andrebbe riorganizzato il servizio, ovviamente con assunzione di personale aggiuntivo che per un’azienda da due anni in negativo sul fatturato è sicuramente una strada percorribile!  Un anno di sogni mescolati a seghe mentali, segrete aspirazioni personali e  rivendicazioni contro il GranGenio  , un mix esplosivo maturato mese dopo mese all’oscuro del GranGenio, che aveva astutamente deciso di tenersi fuori dal “cambiamento” proprio per lasciarci massima libertà di espressione.

Credo fossero finiti i soldi, perché un giorno arrivò il formatore, annunciando che tutto quello che ci eravamo detti nei ns. incontri al limite della legalità aziendale, andava riferito al GranGenio , che bussò alla porta dopo 10 minuti e si mise seduto per ascoltare. Il gelo scese nella stanza, nessuno dei baldanzosi colleghi ebbe il coraggio di ripetere quanto esposto negli incontri precedenti. Il formatore si fece da mediatore, propose il nostro bel piano di riorganizzazione e il GranGenio   disse “Grazie, vi farò sapere”. Non si seppe mai più nulla.

L’Entusiasta responsabile Risorse Umane invia un nuovo sondaggio dal titolo “360°”. Valutazione anonima su responsabili di livello medio (o delle “seconde linee” come le chiama L’Entusiasta Responsabile Risorse Umane). Tutto a sorteggio: i responsabili scelti e i loro collaboratori.  Il GranGenio è sorteggiato e io sono la fortunata collaboratrice che deve compilare 12 pagine di questionario valutando Energia, Motivazione Orientamento alla qualità, Resilienza … e rispedire tutto in forma altamente anonima tramite una mail!

Il GranGenio ne esce a pezzi. Non è male come persona, ma qui si parla di lavoro. Io ho espresso un giudizio (mio e personale) sulla sua incapacità organizzativa, sulla lentezza decisionale, sull’inadeguatezza  delle pianificazioni … niente di personale ma il nodo della questione è lui.

Ed ecco all’orizzonte un nuova azione di coaching. Ancora le stesse lacune da colmare, le stesse soluzioni proposte e ancora una volta tutti a mangiare una pizza (la crisi ha colpito duro, è finita l’era delle tartare e dei filetti al pepe verde).  Ci hanno concesso il rito abbreviato: solo 6 mesi di incontri, spesso di sabato, non retribuiti, per alzare il livello di soddisfazione del collaboratore.

Così titolava la dispensa:

“Teamleader (scritto tutto attaccato, non so neanche se sia corretto)

Essere insieme è un inizio.

 Rimanere insieme costituisce un progresso.

Lavorare insieme è la chiave del successo.”

Suicidarsi insieme è la fine!

 

Un caro saluto

La Dipendente Recalcitrante




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