Parlando di orari flessibili, ultimamente ho parlato con
un’amica che mi ha descritto quelli che vigono nella sua
azienda.
Presenza obbligatoria 9,30-12,30 e
14,30-17,30
Pausa pranzo minimo 30 minuti, max 2 ore (appunto
12,30-14,30)
Per il resto basta che tornino le ore a fine mese: se un
giorno si fanno 7 minuti in più, quei minuti finiscono in flessibilità e si
possono recuperare come e quando si vuole entro due mesi. Lei mi diceva che era comodissimo: qualche volta andava a
correre la mattina e arrivava alle 9, qualche volta andava a pranzo a casa e
faceva 2 ore
Ecco questo è un vero orario flessibile, e purtroppo
aziende che si comportano così sono estremamente rare.
La maggior parte chiama orario flessibile qualcosa che
non si avvicina neanche lontanamente a quello per cui dovrebbe servire: fare
lavorare serenamente i dipendenti, senza che vadano al lavoro con l’ansia del
minuto di ritardo e facendo in modo che possano conciliare le loro abitudini,
preferenze, esigenze famigliari con il lavoro, pur salvaguardando le reali
esigenze lavorative.
La logica degli orari flessibili fasulli è invece quella
di imporre un controllo e una disciplina, la maggior parte delle volte fine a se
stessa o che serve per compiacere l’ego degli addetti alle risorse
umane.
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