Tempo addietro avevo letto una serie di lavori scritti assieme di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, (per esempio questo e questo) in cui avevo trovato il concetto di “capitalismo assoluto”: il fatto
cioè che negli ultimi decenni la logica capitalistica del profitto si è
estesa all'intero ambito sociale. Riporto un passaggio tratto da “La
Sinistra rivelata”, che sintetizza questi concetti:
“Si tratta della completa pervasività sociale del capitalismo storico
(…) ogni aspetto della società umana, compresi i corpi biologici degli
individui e i caratteri della loro personalità, viene sussunto sotto il
capitale come materia della produzione capitalistica (…). Chiamiamo
capitalismo assoluto il capitalismo storico che è penetrato in ogni poro
e in ogni profondità della vita umana associata. Esso è assoluto perché
la sua logica di funzionamento regge completamente ogni ambito della
vita, senza più lasciare alcuna autonomia di scopi e di regole ad altre
istituzioni. L'azienda, cioè l'istituzione che promuove la produzione e
la circolazione della merci in funzione del profitto, diventa allora non
più soltanto la cellula del sistema economico, ma l'alfa e l'omega
della società, perché la società è diventata una società di mercato, in
cui ogni bene pubblico è stato convertito in bene privato, e ogni bene
privato in merce. Di conseguenza ogni istituzione viene concepita come
azienda, persino l'ospedale, persino la scuola, e persino l'intero
paese, che non è più nazione, ma azienda, l' “azienda-Italia”.
(M.Badiale-M.Bontempelli, La sinistra rivelata, Massari editore, pagg.171-172)”
Inutile dire che posso solamente assistere con timore e preoccupazione a questa prospettiva, in quanto innanzitutto sono convinto che ci sono molti ambiti in cui non deve essere prioritaria la logica del profitto (anzi forse questi ambiti sono preponderanti), ma in secondo luogo perchè, viste le follie che regnano in azienda tremo al pensiero di vederle trasposte in ogni ambito della società.
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