Nuovo caso
concreto su cui seguirà un post sul contesto generale che sta dietro.
Incontro fra il
dipendente riluttante e il suo responsabile intermedio per “fare il punto della
situazione” sulle attività in corso. Nella nuova (e finora sfortunata)
esperienza di fatto questi momenti di allegra condivisione, hanno la stessa
frequenza e le stesse modalità della correzione dei compitini a casa dei
bambini delle elementari, ma di quelli delle prime classi, perché nelle ultime
gli alunni sono più autonomi.
Il dipendente
riluttante sarebbe inquadrato ai massimi livelli del contratto metalmeccanici,
quello per cui la declaratoria delle mansioni, sotto citata, definisce spazi di autonomia e delinea un ruolo che
sembrerebbe quasi paragonabile al comandante in capo di una portaerei.
Lavoratori che possiedono notevole esperienza
acquisita a seguito di prolungato
esercizio delle funzioni e che, sulla
base delle sole direttive generali, realizzano nell’ambito del loro campo di
attività studi di progettazione o pianificazione per il conseguimento degli
obiettivi aziendali, ricercando ove necessario sistemi e metodologie innovative
e eventualmente coordinando altri lavoratori.
Nel fantastico
mondo dell’azienda invece le attività che vengono di volta in volta proposte al
dipendente riluttante, anche se a volte di una certa complessità, di fatto
vengono controllate almeno verbalmente giornalmente dal gioviale responsabile
intermedio.
Il dipendente
riluttante è invece abituato in tante occasioni ad una grandissima autonomia e
per questo i confronti sono sempre molto tesi perché lui li sopporta molto male
e preferirebbe di gran lunga effettuare delle relazioni sugli avanzamenti con
scadenza molto più prolungata e con modalità meno inquisitorie e incalzanti.
In un mondo
perfetto o semplicemente in strutture più moderne, sicuramente le cose vanno
così, ma nella media azienda metalmeccanica italiana, soprattutto nel Nord Est
le modalità sono quelle del padroncino che controlla il dipendente che nella
mentalità corrente deve essere continuamente incalzato. Inutile dire che spesso
l’effetto che si ottiene è assolutamente l’opposto, a causa della demotivazione
e dell’irritazione che questo atteggiamento provoca nei dipendenti che
vorrebbero lavorare con quella autonomia dichiarata sulla carta.
Come descritto
in un precedente post, il dipendente riluttante conoscendo questa atmosfera
inquisitoria ha preso l’abitudine di segnalare sempre con comunicazioni scritte
i continui cambi di programma o i ritardi sulle scadenze, che peraltro spesso
sono stimate in un modo che volendo usare un eufemismo potremmo definire approssimativo, ma che se volessimo essere realistici dovremmo ammettere che sono sparate completamente a casaccio.
In quest’ultimo
“punto della situazione”, il responsabile intermedio si lamenta con il
dipendente riluttante che l’attività A non sia ancora terminata e quest’ultimo
gli ricorda di aver spiegato in almeno due comunicazioni i motivi per cui tale
attività stava slittando. Il responsabile intermedio però dimostra di non avere
minimamente compreso i motivi degli slittamenti che il dipendente aveva
evidenziato nelle dettagliate comunicazioni e di non aver quindi preso
assolutamente in considerazione le problematiche che avevano causato tali
situazioni.
Tuttavia, anche
davanti all’evidenza che gli viene di nuovo presentata di non aver potuto
cominciare l’attività A perché sono state chieste da lui stesso le attività B e
C e le trasferte D ed E il responsabile cerca disperatamente una via d’uscita
con una citazione che nelle sue intenzioni dovrebbe essere di grande effetto e
che invece non fa che evidenziare un’ennesima volta la povertà intellettuale
che regna sovrana in simili ambienti.
“Sai qual è la
differenza fra un impiegato e un manageeer (con la e lunga che fa tanto
modernariato)?”
“No”
“Un impiegato fa
le cose che gli vengono dette nei tempi di cui ha bisogno, un manageeer fa
accadere le cose nei tempi concordati a prescindere dagli imprevisti che
accadono”
Il dipendente
riluttante trattiene il solito conato di vomito che lo assale di fronte alla
semplificazione e alla retorica di frasi senza significato come queste, ma si
consola pensando che quello è uno slogan perfetto per finire nel blog.
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